Rivoluzione. Crisi. Punto zero magico. Qualcosa di
veramente grande avviene dietro la tempesta, nel silenzio nascosto dalle urla
del panico, tra le mani di chi butta via le vecchie lenti e sintonizza i nuovi
occhi, mentre chi arranca sul ciglio della strada recupera viti e stecche di
quel paio di occhiali di cui non sa che non avrà più bisogno. Un punto zero
magico che è eterno, sfiatante, mai compiuto, e che al tempo stesso in un
attimo è scomparso, in quell’attimo che forse non ha mai posseduto, perchè è già
altro, prima ancora di coglierlo, quello zero che sembra mai finire e già non
esiste più.
Immagino l’architettura come una musica, una
canzone, una sinfonia. L’architettura nelle sue forme, i pieni e i vuoti,
l’organismo che alimenta e da cui è alimentata, la città che è assoluta e la
città degli attimi di chi la cammina, l’architettura tutta inserita in un
ritmo, in cui il metronomo che batte vale tanto quanto le sue pause, gli
staccati e le legature. E ad un certo punto qualcosa succede, forse semplicemente
finisce lo spartito e la folla si alza ad applaudire, forse cade il violoncello
e il tonfo rimbomba per tutta la sala, forse ancora è la tempesta
incontrollabile che penetra dai pesanti blocchi in pietra e offusca tutti i
rumori, e l’orchestra è costretta a fermarsi e le coppie in smoking si agitano,
i tuoni spezzano il ritmo e forse il legno marcio non regge la pioggia e le
travi si spezzano. Ed è lì che a me piace immaginare i “geni”, i musicisti
veri, i padri delle rivoluzioni e dei cambiamenti, in silenzio sorridenti ad
assorbire il nuovo ritmo, a creare la nuova musica dal tonare della tempesta,
dal battito dei movimenti che rimbombano nella sala ormai vuota. Della crisi un
valore, della tempesta una sinfonia. E ad un certo punto tornerà la musica, con
il suo nuovo battere, forse un paio di ottave più in alto, quando eco su eco
sarà una diversa percezione del suono. Nuove orecchie, nuovi occhi.
Se la modernità è un atteggiamento forse invece
l’avanguardismo è uno spirito, e se entrambi si pongono al di fuori di uno
schema cronologico e temporale, il secondo al contempo in questi ordini lascia
una traccia, segna un percorso. Un’elite di spiriti al di fuori del tempo
-forse perchè immaginare una manciata di personaggi in grado di dare l’input alla
cadenza del tempo soddisfa le mie romantiche visioni e la mia tendenza a
cercare risposte che stimolino la mia fascinazione- il tutto ricongiunto in una
rivoluzione globale che avviene tramite scosse e assestamenti, sperimentalismo
ed organica crescita, mixaggi e nuovi suoni.
Il risultato è un nuovo assetto, un nuovo ritmo,
una nuova verità che è vera solo in quanto variabile, perchè nata sì da una
nuova estetica, ma un’estetica che è funzione di un’energia che è dinamica
perchè muove le carte sul tavolo, e solo nel movimento può continuare a
generarsi. E non si tratta di relativismo perchè il relativismo è troppo
facile, c’è una base assoluta che è quello che il futurismo chiama “abitudine
all’energia”. Un’energia assoluta che stabilisce nell’attimo il contatto con il
presente e la sua percezione.
Il nuovo ritmo, il ritmo “moderno” è in assoluto
relativo, nella sua natura dinamica, ma assoluto relativamente ad ogni attimo, quell’attimo
in cui la l’architettura è viva perchè vissuta e percepita, quell’attimo che
esiste per poi scomparire, a dar posto all’assolutezza dell’attimo rigenerato.
No comments:
Post a Comment